Friday, July 31, 2009

Alla galleria di *** *********** *** + DRAGONBALL


- Mamma, dove siamo?
- In un centro d'arte contemporanea, tesoro.
- Guarda! Lì c'è uno arrabbiato che parla serio serio ai visitatori.
- E' il direttore di questo posto: un critico d'arte, però diverso dagli altri critici. Si chiama Il Professor-oh.
- Ma perché parla così? Forse ce l'ha con qualcuno...
- Non sta parlando.
- Cosa fa, allora?
- Tiene la sua lectio magistralis perennis. Una prolusione accademica che continua - a spese nostre - da una vita, tesoro.
- Non smette mai?
- Mai!
- Mi sembra di stare a scuola con il maestro cattivo!
- Con questo qui è sempre come stare a scuola. Il Professor-oh pensa che siamo tutti suoi allievi...
- Anche te che sei grande?
- Sì.
- Anche lo zio Pino?
- Anche la zio Pino.
- Anche la postina che suona a casa di mattina?
- Anche la postina.
- Anche Ronaldo?
- Anche Ronaldo.
- Anche DRAGONBALL?
- Anche DRAGONBALL.
- Ho già voglia di fare ricreazione.
- Con il Professor-oh non c'è la ricreazione...
- Chiediamolo ai bidelli!
- Niente bidelli: qui c'è solo Il Professor-oh.
- Non mi piace questa scuola.
- Non piace a nessuno, tesoro.
- Allora perché non la chiudono?
- Perché, oltre al Professor-oh, ogni tanto (molto, molto raramente) fanno anche vedere (pochi) quadri. Tutti speriamo che li facciano vedere.
- Che bello! A me piacciono, i disegni! Li fa il Professor-oh?
- No, quelli li fanno gli artisti, ma il Professor-oh ne parla come se fossero suoi.
- Come il mio compagno di banco, il Francone, che mi ruba i CIOCOBLOC e poi se li mangia!
- Proprio come lui, tesoro...

Critiche alla GAMeC di Bergamo


Sulla GAMEC di Bergamo (Galleria Arte Moderna e Contemporanea): le mie riflessioni
Ho già accenato qui in merito al rifiuto della GAMEC di rispondere alla scaletta di domande redatta dalla redazione del Giornale di Bergamo (formulata in seguito alla mia lettera al giornale). Per quale ragione GAMEC si sottrae al confronto con l'opinione pubblica? Se davvero i linguaggi dell'arte contemporanea sono importanti in quanto strumenti di produzione di pensiero, perché vediamo critici d'arte e specialisti della materia evitare un dibattito che potrebbe avere funzione didattica verso i lettori di un quotidiano, quindi di un pubblico non specialistico?
Il sistema dell'arte internazionale parrebbe agire, quando si inserisce in contesti locali, come un livellatore del gusto che tende a porre in secondo piano le tematiche legate al territorio per privilegiare motivi e stili elaborati da pochi centri di riferimento. Di fatto la realtà è più articolata, le variazioni del medesimo modello (che all'apparenza sembrerebbe ripetersi sempre uguale) sono innumerevoli; il sistema, innestandosi nelle differenti situazioni locali, produce ibridi e interagisce con i diversi microclimi culturali.
Certo non è semplice riuscire a individuare le linee di continuità della cultura locale, gli elementi ricorrenti, le matrici che nemmeno una schiacciante omologazione imposta dall'alto può completamente annullare. L'omologazione in corso è pervasiva e aggressiva, ma superficiale: si nutre di stereotipi, raramente arriva al dettaglio. Fondamentale rimane, quindi, eliminare ogni stereotipo, porre tra parentesi i luoghi comuni tanto cari a certa critica d'arte avvicinandosi a un determinato territorio con grande cautela, cercando di acquisirne una conoscenza più di dettagli che d'insieme; il tentativo potrebbe consistere nell'effettuare collegamenti, raffronti, paralleli tra passato e presente capaci di restituire alla contemporaneità uno spessore storico, spostandola dalla concezione di un presente ridotto ad attualità e cronaca.
Altra cosa ancora è riuscire a stabilire con precisione dove si collocano gli snodi delicatissimi che legano la parte più profonda del fare intuitivo dell'artista al suo ruolo sociale, al rapporto con il pubblico, e la posizione delle mediazioni che la critica attua tra essi: tale indagine richiede un occhio allenato, poiché come conferma un noto critico in un'intervista al Corriere, con un linguaggio esplicito che non lascia spazio ad ambiguità:

“Le varie importanti rassegne, le grandi mostre, tutto il sistema dell’arte dove un centinaio di persone decidono e oliano i meccanismi in un gioco di connivenze, complicità e lobby. Nessuno è indenne. E guardando questo mondo un po’ da lontano mi viene in mente una celebre battuta di Sordi: Qua er più pulito c’ha la rogna”.

Nel sistema dell'arte molto è retroscena, molto di quello che accade, certe dinamiche assolutamente determinanti nella scelta di un artista, ci vengono taciute.
Le possibili soluzioni? Immettere negli schemi ingessati del sistema dell'arte un reagente, elementi disturbanti atti a produrre una modificazione chimica dei composti; gesto impossibile all'interno dei circoli chiusi, nelle riviste specializzate, nei luoghi dove le corporazioni difendono e promuovono se stesse. Il muro di gomma del sistema si può affrontare solo avvicinandolo dall'esterno: quotidiani, opinione pubblica, ecc..
L'altra possibilità è di prendere molto sul serio gli scritti di una critica d'arte alla quale siamo ormai abituati a prestare un'attenzione distratta, quasi si trattasse di cattiva letteratura o, al massimo, di giornalismo d'arte; spesso sono testi costruiti con asserzioni gratuite e idee tra loro inconciliabili malamente rappattumate, tali da rasentare l'umorismo involontario. La spericolata presentazione della Galleria Contemporaneo di Riccardo Caldura, i pasticci della Fondazione March, l'ingenua "anti-arte" di Wolfgang Scheppe, gli interventi "fantasy"di Vettese, fino ad episodi clamorosi come i “premi non dati” Bevilacqua La Masa firmati Luca Massimo Barbero - vicenda pressoché unica -, sono conseguenze indirette, scorie, direi, risultanti da problematiche irrisolte, residui di un qualcosa d'altro la cui traccia rimane, visibile in trasparenza.

Sì, il silenzio di GAMEC - Bergamo ci suggerisce che in quel luogo si è prodotto, è in corso un coma, un buco nero di comunicazione, una frattura traumatica tra l'intellighenzia espressione del sistema e l'ambiente nel quale essa opera - territorio, opinione pubblica - e ci indica quali sono le tecniche attuate da una casta che si trincera dietro i propri codici specialistici utilizzandoli per accrescere il proprio potere intimidatorio verso il “pubblico” aka “cittadini”.Si tratta di ambienti molto elitari dove le decisioni e tutti i passaggi di consenso del sistema dell'arte vengono prese intorno a un tavolo da pochi soggetti; individui che pur essendo rappresentanti d'istituzioni pubbliche sono incapaci di attuare un confronto dinamico, di dialogo verso l'esterno (artisti, giornali, intellettuali), se non attraverso rigidi canali di gerarchie precostituite.
Intendiamoci: quando si parla, per centri d'arte come la GAMeC, di aperture e nomi "internazionali" dobbiamo pensare non a un vero interscambio con realtà di differenti culture, diverse in quanto "altre", bensì a collaborazioni tra centri ugualmente isolati nei contesti nei quali si situano; versione odierna di un provincialismo - sinonimo di chiusura - che si colora di globalizzazione e omologazione: sistema dell'arte diluito capillarmente sul territorio in un arcipelago di piccoli centri in rete che rendono sempre più difficile individuare chi è responsabile di cosa e fornisce un potente alibi a chi vuole concentrare il potere in pochissime mani. La loro resistenza come meccanismo di potere risiede nel mantenere una coesione cementata da una koiné comune e dall'esclusione di artisti, pubblico e opinione pubblica dai passaggi di consenso e decisionali all'interno del sistema dell'arte.
Provincialismo + globalizzazione + sistema : "Sistemalismo"?

Un mio precedente intervento:

Tempo fa ho inviato al Giornale di Bergamo una lettera che poneva alcuni interrogativi sulla metodologia adottata dalla GAMeC, la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, nella scelta degli artisti esposti. I giornalisti del quotidiano hanno deciso di dare spazio al mio scritto, formulando una scaletta di domande da sottoporre alla direzione della galleria bergamasca. Incredibilmente, adducendo scuse del tutto risibili, la GAMeC si è rifiutata di rispondere.
Di fatto solo nel mondo dell'arte contemporanea, al contrario di ciò che accade in tutti i settori della cultura, vediamo istituzioni pubbliche - non stiamo parlando di fondazioni private - guidate da intellettuali che si sottraggono al confronto con l'opinione pubblica, al dibattito.


La lettera:


GIORNALE DI BERGAMO 15/7/2009


Artista accusa il museo bergamasco di farsi influenzare da 4 critici
«Arte contemporanea in mano a una lobby»


"Il mondo dell’arte contemporanea è nelle mani di quattro critici che operano nel milanese: Bertola, Ferronato, Vettese e Scardi". Questa, in sintesi, l’accusa che D. S. K. solleva nella lettera che ci ha inviato e che abbiamo deciso di pubblicare a seguito. La questione, stando a quanto sostiene Kos, finisce con il coinvolgere anche un’istituzione bergamasca, la GAMeC, Galleria d’arte moderna e contemporanea.
LA LETTERA «La lettera che vi ho inviato nasce dall'esigenza di segnalare al vostro giornale come nel settore dell'arte contemporanea oggi stanno avvenendo dei fatti che mettono in grave difficoltà le culture locali: un vero accentramento di poteri volto a concentrare in pochissime mani il controllo degli spazi istituzionali d'arte contemporanea. Visitando il sito-database milanese di "Italian Area" si trova, sotto l'indicazione "museo senza centro", una sorta di scacchiera composta di loghi e fotografie di importanti centri culturali italiani tra cui la GAMeC di Bergamo. "Gli artisti di Italian Area sono promossi da alcune prestigiose istituzioni italiane" è la dicitura che accompagna l'immagine. (http : / / www.italiana-rea.it/index_files/italianar ea_data/museo.html). Nella pagina d'apertura, invece ,troviamo la seguente frase: "Gli artisti sono selezionati tra quelli promossi dalle più importanti istituzioni italiane e internazionali, nonché tra coloro che hanno contribuito a determinare l'attuale scena artistica".
Non è necessario essere uno specialista d'arte contemporanea per capire che tra i due "promuovere" c'è un passaggio che non appare: il comitato milanese di quattro critici che decide chi rilanciare in tutto il circuito. Perchè la GAMeC promuove gli artisti di quell'archivio milanese? Che spazio riserva la GAMeC agli artisti presenti nel territorio dove opera e ai creativi indipendenti? Io sono un’artista che, proprio a Venezia, ha avviato una polemica che ha portato alla riapertura degli spazi istituzionali ai creativi attivi nel territorio in un'istituzione come la Bevilacqua la Masa, che era ormai uno spazio per valorizzare quasi esclusivamente famosi nomi internazionali e artisti italiani già noti. Ora si è passati a una gestione più equilibrata che sposa, insieme all'apertura internazionale (che pure oggi è necessaria per non rinchiudersi in sterili provincialismi), anche un'attenzione per ciò che di valido e propositivo i creativi presenti nel territorio vanno elaborando. La questione "Italian Area", quindi, è da inserire in un'ottica più vasta di chi vuole attuare una sottrazione di autonomia alle realtà locali per renderle succubi di pochi.
La problematica, lo comprendo, è delicata, d'altra parte è giusto che l'opinione pubblica sia informata che non sempre ciò che vede esposto in blasonati musei d'arte contemporanea è selezionato in base solamente a parametri di qualità e di merito. Grazie dell’attenzione, Daniele Scarpa Kos»