Sunday, January 23, 2011

ITALIAN AREA - Chi ha rubato il MUSEO SENZA CENTRO?

Furto a Italian Area. Chi ha rubato il Museo Senza Centro?

Confrontate il nuovo sito di Italian Area http://www.italianarea.it/
con la precedente versione http://tranqui2.blogspot.com/2009/07/italian-area-e-il-dizionario-dei.html Manka kualcosa...
Il listone delle istituzioni d'arte che "promuovono" gli artisti del discutibile database milanese (e i 4 critici del comitato direttivo) non compare tra i link di riferimento. La cosa singolare è che la pagina web esiste ancora: http://www.italianarea.it/index_files/italianarea_data/museo.html

Del Museo Senza Centro rimane solo il Senza?
Che fine ha fatto il Museo Senza Centro? Ipotesi investigative:

1 Rubato. Sospettati: Fantomas - i soliti ignoti - i soliti noti critici
2 Mangiato. Sospettati: Pac-man - Philippe Daverio - La Gegia
3 Cancellato. Sospettati: Emilio Isgrò - Cy Twombly - Monsieur Omissis
4 Espulso. Sospettati: l'arbitro del gusto - l'arbitro del cattivo gusto - i guardiasola - cartellino giallino 
5 Cassato! Indagati: bellunesi infiltrati - i no ap-profit - i piratati della Malesia

Saturday, January 1, 2011

Luca Rossi & Angela Vettese alla Whitehouse


Whitehouse, blog del grafomane compulsivo Luca Rossi Blissett, apre le porte all'eminenza grigia di una stranota lobby dell'arte, una della nomenklatura. Amen, direte voi, chissenefrega. E invece no. L'intervista ad Angela Vettese è di quelle da non perdere.
Non vi è dubbio che si tratti del confronto tra due figure che occupano posizioni assai diverse all'interno dei circuiti dell'arte. Non vi è dubbio, altresì, che malgrado le apparenti divergenze, vediamo qui due intellettuali dal pensiero praticamente sovrapponibile. Siamo chiaramente in presenza di un documento utile per capire come funzionano i meccanismi del conformismo; si avverte subito la riverenza condita di “sono d'accordo con queste sue riflessioni” “non mi fraintenda” con la quale il blogger d'assalto (che a me pare piuttosto accomodante) blandisce lady Vettese permettendole di trasformare il confronto in una lezione con tanto di bacchettate sulle mani tipo -“comunemente inteso è un'espressione vaga”, e di attuare le sue consuete tecniche manipolatorie dell'interlocutore. Possibile che i limiti e le magagne del sistema dell'arte italiano non siano anche precisa responsabilità di coloro che ne controllano alcuni snodi centrali? Per Vettese, infatti, “non mi sembra che si possa affermare che i critici d'arte italiani non siano di buon livello”: gli unici a salvarsi (in una situazione dipinta nell'intervista come disastrosa) sono, guarda caso, i critici d'arte, la sua categoria.
L'ultima grande panzana di una intelligenza abilissima nel mescolare dati, citazioni, nomi altisonanti (Artforum, Ingrid Sishy), osservazioni ponderate e bugie volutamente sfacciate? Incapacità assoluta di autocritica? Imbarazzo di un'eminenza grigia che con la sua lobby ha manovrato da dietro le quinte importanti segmenti della scena artistica italiana-italica-italiota? Eppure Tranqui2 - senza nemmeno far tanta fatica - ha ben documentato alcuni orrori made in Italy della critica d'arte: testi scritti coi piedi, premi non dati, finti “Musei senza centro”, rifiuto di confrontarsi con l'opinione pubblica, database piuttosto discutibili, spazi pubblici che divengono gallerie private del direttore (dittatore) artistico, errori teorici sconcertanti, affermazioni da interrogazione liceale, mancanza di autentico dibattito, lobby affaristiche che s'insinuano nei gangli vitali del sistema paralizzandolo, per tacere su certi nomi pompati per meriti extra-artistici (vedi cosa accade nel Veneziano).
Ma aggiungo anche che la sovrapponibilità dei due punti di vista è data soprattutto dai temi censurati, dalle evidenti omissioni di entrambi: ha un senso discutere della scena internazionale senza nemmeno accennare a dinamiche in atto quali omologazione e colonialismo culturale, globalizzazione, autoreferenzialità delle culture anglofone, isolamento di circuiti nei quali sono pochissimi a decidere e per i quali il pubblico non conta, competizione di paesi con ben altro peso politico? Ci sono, inoltre, delle peculiarità che contraddistinguono il “caso culturale” Italia nel suo insieme, un paese troppe volte capace di rubare il palcoscenico a realtà ben più influenti, di conseguenza spesso intenzionalmente censurato.
Credo che per Ross & Vett una lucida critica al sistema internazionale sia assai difficile in quanto proprio da esso traggono la loro autorevolezza qui da noi, cioè si sono in certo modo specializzati nel farsi promotori in Italia di stilemi e modelli già consolidati all'estero. Vettese si fa scudo dei poteri forti del sistema internazionale per sparare persino su Arbasino, un autore di valore indiscutibile, l'eccellenza della sperimentazione letteraria italiana.
Parafrasando il Vett-pensiero potremmo dire: se per una volta pensassimo che la critica d'arte - in Italia - è davvero in una crisi profonda? Lo è in Italia poiché qui e non altrove vi sono lobby talmente potenti da bloccare tutti i processi innovativi.

Il cicaleccio da caminetto tra il vaticanista del sistema dell'arte e l'eminenza beige si chiude così, in una lenta dissolvenza, mentre sullo sfondo bianca-neve cade (o inciampa) sui gradini della White-house...http://whitehouse.splinder.com/post/23787771/secondo-dialogo-con-angela-vettese/comment/63603735

X Francesca Pasini - l'arte è solo "internazionale"?

"Domanda: Quale arte e quali artisti in Liguria?
Francesca Pasini: Non penso che ci sia un'arte ligure e neppure un'arte in Liguria: l'arte è internazionale, i regionalismi sono ormai insensati. Chi ha successo è chi ha un riconoscimento internazionale, soprattutto negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania, in Svizzera, alle Biennali, alle Documenta" http://www.mentelocale.it/932-francesca-pasini-critica-d-arte/
Sto raccogliendo alcuni scritti & interviste relativi agli anni Novanta e al decennio successivo. Materiali utili per comprendere appieno in quale clima culturale ha operato chi in quel periodo (ma la medesima tendenza permane ancor oggi) ha tentato di fare sperimentazione artistica in realtà locali o in microclimi culturali non ancora del tutto omologati ai poteri forti del sistema. Ci siamo trovati come controparte e referenti delle conventicole di critici asserviti alla logica delle mega-esposizioni, di costruite ufficiosità museali, delle grandi rassegne. Eppure proprio l’arte contemporanea ci insegna che le mostre più “importanti” non collimano sempre con i Salon del sistema, blockbuster dell'arte d'oggi. Le idee importanti nascono talvolta piccole e povere; compito del critico dovrebbe essere, appunto, quello di riaffermare i valori autentici, non di sottomettersi al colonialismo culturale imperante. Davvero sorprendente la dogmatica intransigenza con cui affronta l'argomento Francesca Pasini in questa intervista del gennaio 2001.