Sunday, April 24, 2011

Giacinto Di Pietrantonio - Luca Rossi (Whitehouse in fumo?)

Snartz! Ogni tanto, sporadicamente, tra i nuvoloni di fumo e parole prodotti dal blog di Luca Rossi Blissett, emerge qualche verità che riesce a sfuggire alla sorvegliatissima autocensura praticata dai colletti bianchi del sistema.
Nella rubrica "Oltre il giardino", il critico Giacinto Di Pietrantonio apre il gas e fa blabla freestyle passeggiando col Signor Rossi per i prati fioriti intorno alla Casa Bianca.  
http://whitehouse.splinder.com/post/21802737/_

Sì, ammette GDP, persino nei tanto celebrati premi internazionali, una regia di pochi condiziona, pilota le scelte finali, e sottolinea che all'estero tale manipolazione viene accettata mentre in Italia "si pensa che ci siano sempre dietro chissà quali manovre, perché non ha vinto quello che piaceva a me, o a te, o a lui".
Per GDP la correttezza delle regole non è ritenuta un elemento cardine nel rapporto tra artisti e potere culturale, ma al contempo chi critica lo fa sempre in malafede.

Ritengo errato derubricare i momenti dialettici tra l'establishment del sistema e l'opinione pubblica ad episodi di mera logica particolaristica: accadono in tutti gli ambiti culturali. Lo dimostrano le cicliche discussioni sui premi letterari (vedi ultime edizioni Premio Strega) accompagnate solitamente da polemiche che trovano eco nell'amplificatore mediatico.
Con delle differenze. Quando Tullio Di Mauro, influente figura del Premio Strega, viene chiamato in causa dai giornalisti con domande scomode sulla composizione delle giurie, egli accetta il confronto ed espone con chiarezza le sue ragioni coerentemente al ruolo che ricopre. Non così i protagonisti delle lobby di musei & gallerie.
Cari lettori di Tranqui2, ricordate la vicenda GAMeC-ITALIAN AREA?
In quel caso l'istituzione bergamasca GAMeC - GALLERIA ARTE MODERNA e CONTEMPORANEA (diretta dal Di Pietrantonio) si è rifiutata di rispondere ad una scaletta di domande sull'argomento  compilata dai giornalisti di un quotidiano locale - conseguente ad una mia lettera al giornale - adducendo scuse risibili quali la scarsa credibilità del sottoscritto. La redazione del giornale, indignata, rispose a questo piccato, pretestuoso silenzio pubblicando un articolo sul tema.
Non ho dubbi che ai critici della GAMeC sia indifferente il lavoro prodotto dal mio percorso underground; chissà quanti altri nomi della scena italiana ignorano volutamente perché soggetti esterni alle loro lobby. Inutile replicare all'idea risibile secondo la quale l'opinione pubblica per potersi esprimere debba possedere un curriculum museale; resta la cruda + squallida realtà di un'istituzione pretestuosamente trincerata dietro gli alibi dei propri codici specialistici.
Ma piantiamola con le ipocrisie sfacciate! Il sistema dell'arte ha del marcio e il pubblico dell'arte deve esserne informato! Al bando dunque, in primo luogo, omertà e timori; poi largo alla libera, disincantata parola dell'artista.
Esce un filo di fumo dal camino della Casa Bianca...

Da "Oltre il giardino" rubrica a cura di Luca Rossi e Giacinto Di Pietrantonio
LR: Sono d'accordo con te. Non è certo questione di numeri: più pubblico uguale più qualità. Ciò nonostante i paesi che non hanno opinione pubblica, o quei paesi in cui decide la minoranza, tendono a diventare delle dittature, dove questa minoranza tende a fare quello che vuole senza avere contrasti. Nel “migliore” sistema dell’arte contemporanea italiana avviene questo: pochi operatori decidono e impongono determinate scelte senza che ci sia un pubblico capace di verificare e approfondire tali scelte. Per stare in tema Libia: il sistema è formato da diverse tribù ben lontane da formare un sistema collaborativo e maturo. Immagino che per il Turner Prize in Inghilterra ci sia un dibattito rispetto le selezioni e le scelte della giuria. Tutti gli operatori coinvolti sono attenti a fare le scelte migliori perché milioni di persone li stanno seguendo.
A mio parere c'è un vuoto di opportunità tra sistema dell'arte e pubblico. Mancano opportunità efficaci per coinvolgere il pubblico. Non ci sono luoghi appropriati e progetti appropriati. I programmi museali sono troppo ingessati e le persone, dopo una giornata di lavoro, o nel fine settimana, non hanno voglia di andare in un museo a sedersi su i banchi di scuola. Cosa mi rispondi su questo punto?

GDP: Beh, non voglio dire che l’Italia da questo punto di vista sia il miglior paese del mondo, ma non è che all’estero non sia una minoranza a decidere, o comunque a valutare. Lo stesso Turner Prize ha dei meccanismi simili, e questo è evidente nel racconto che di questo premio ne fa la Thorton (Il giro del mondo dell'arte in sette giorni, libro, ndw), dove evidenzia come la regia riservata di Serota alla fine riesce sempre a portare i risultati dove vuole lui. Il fatto è che fuori dall’Italia quando c’è un qualcosa, come ad esempio un premio alla fine il risultato viene accettato dalla maggioranza che si dà da fare per far rispettare l’esito, sostenendolo in vari modi al di là del fatto che il lavoro del premiato corrisponda alla propria definizione di arte. Da noi se qualcuno vince si pensa che ci siano sempre dietro chissà quali manovre, perché non ha vinto quello che piaceva a me, o a te, o a lui. Questo è il vero problema nostro, il guardare il proprio ombelico. Ti faccio un esempio che mi ha raccontato Politi, verso la fine degli anni settanta lui era a New York, dove, durante il suo soggiorno, incontra varie persone tra questi Sol Lewitt a cui chiede: “Sol, ma secondo te, chi è l’artista che emergerà nei prossimi mesi in America?” Lewitt: “Julian Schnabel”. E difatti, Schnabel di lì ad un anno diventò una star mondiale. Capisci, qual'è la questione?
Un artista concettuale non ha problemi ad ammettere che l’artista emergente è un artista neoespressionista lontano anni luce dal suo lavoro. Difatti, la domanda era non chi ti piace tra i giovani artisti, ma chi è l’artista emergente. Da noi se fai una domanda del genere la risposta cade sempre su artisti che aderiscono alla tua poetica. Continua... (testo e correzioni in via di stesura)