Saturday, December 8, 2012

Wednesday, December 5, 2012

>>> Paola Pivi è artista concettuale?

P.P.P.
Pieri Paoli Pasolini?
Niet
PiPiPi Calzelunghe?
Nada
Paola Pivi Parla?
Yez, in "dialoghi di estetika" (Artribune) la Paola vuota il sacco con Dal Sasso.
Sentite un po'...

"Dal Sasso: Ma l’opera allora che cos’è: un’idea, un oggetto o, come si dice spesso, una rappresentazione?

Pivi: Aggiungerei a queste tre una quarta possibilità: realtà. Fare arte per me vuol dire interagire e manipolare la realtà. Quando per esempio ho esposto il caccia Fiat G-91 sottosopra (1999) o il Piper Seneca, un aeroplano a 6 posti che ruota su se stesso all’ingresso del Central Park a New York (2012), non ho esposto né un disegno né un fumetto del caccia e del Piper Seneca. Questi sono oggetti veri e propri, non sono le loro rappresentazioni visive. E questo vale anche per i cinesi e la pizza, c’erano davvero prima di diventare immagini."

Ke risposte agghiagghiantizzime! Pivi utilizza alcune pratiche artistiche come meri strumenti di comunicazione, senza una riflessione sulle implicazioni teoriche in esse sottintese. Le ha fatte proprie, evidentemente mutuandole da altri: “Questi sono oggetti veri e propri, non sono le loro rappresentazioni visive. E questo vale anche per i cinesi”.
L’opera a cui si riferisce mostra in tutta evidenza una selezione molto attenta di figure assai vicina allo stereotipo astratto dell’idea rappresentata. Ma tranquilli, x Pivi sono “oggetti veri e propri”. Pensa che lavorare sugli stereotipi sia un modo di eludere la lettura delle evidenze formali dell’opera… e qui la fotografia viene utilizzata come una specie di fotogiornalismo x performance, documento inconfutabile e certo della sua sognata “realtà”. Cosa scrivono di quest’artista priva di una solida base teorica nel database "Italian Area"?

Quello che è importante nei suoi lavori è l’intenzionalità, il presupposto concettuale: la realizzazione pratica può anche essere affidata ad altri”.

Dubito ke il lavoro di 1 artista priva di rigore possa produrre opere kon “presupposti concettuali”. Non basta demonizzare la pittura, far passare ready-made puri come il "Fiat G-91" sottosopra (again! roba da studenti dell'accademia) per sculture e farsi farsi fare le opere dagli altri per raggiungere un rigore teorico. Quelle di P.P. sono idee, non dissimili dalle idee di designer, grafici ecc… lei le esprime attraverso pratiche artistiche quali performance, fotografia che hanno come target preferenziale i musei d’arte contemporanea. Tutto qui.

Ingenuità Pivi-pivesche da lasciare di-Dal Sasso. E in effetti Dal Sasso si limita alla funzione di registratore a pile scariche del Pivi-pensiero.
Paola, di quale “realtà” parli? Quella pivesca da te immaginata certa, monolitica, più vera del vero e più reale del Re esiste solo nella tua testa.
Tra il percepito e il percipiente si manifestano diaframmi che sono esattamente gli spazi e i territori delle arti.
E se le arti si possono definire tali anche in quanto si propongono come reperti atti a una lettura delle loro evidenze formali, molte tue opere a una verifica formale restituiscono il pregiudizio di un equivocato concetto di “realtà” che potrebbe persino essere definito “verismo”.
Eppure la Pivi resta strakonvinta: “La fotografia mi permette di fissare a livello visivo qualcosa che accade nella realtà e di trasmetterlo direttamente all’osservatore”. Pensa alle foto dei matrimoni, forse. Paola, quelle selezionano gli sposi e non l’imboscato al pranzo di nozze. Ecco il testo critico nella pagina a lei dedicata nel database “Italian Area”. Di poetica non si parla. In effetti, una poetica non c’è. Scrivono di “presupposti concettuali” – ma quali siano non ce lo dicono:

“Già vincitrice del Leone d’oro alla Biennale di Venezia (1999) e della borsa di studio del PS1 di New York, Paola Pivi ha alle spalle un lungo percorso di ricerche ed esperienze.
I suoi lavori sono incursioni che stravolgono il nostro modo di vedere e vivere il quotidiano: giocati sul doppio binario di spettacolarità e semplicità offrono generalmente spostamenti di senso che tendono però ad alimentare una relazione tautologica con le cose.
Una formazione e un interesse scientifici emergono dalla sua creatività. Ama proporre un disordine tra le grandezze, un continuo passaggio dal gigantismo alla miniaturizzazione.
Quello che è importante nei suoi lavori è l’intenzionalità, il presupposto concettuale: la realizzazione pratica può anche essere affidata ad altri.”


l'orsetto grigio dubita di P.P.

... nightmares da stravaccamento sul divano...

Paola Pivi > installazioni naif?
Pure nella pratica pittorica vi sono artisti che arrivano ad ottenere effetti visivi efficaci e di un certo impatto anche in assenza di una preparazione data dallo studio di medium, disegno, teoria e storia dell’arte. Vengono etichettati come naif. Mi chiedo se si possano definire alcune opere di Paola Pivi (considerando le sue evidenti lacune teoriche) come “installazioni naif”. Chi conosce certi ambienti museali dell’arte contemporanea sa che il raggiungimento di “effetti” visivi (e le esigenze espositive degli spazi, l'entertainment da museo) oggi risultano assolutamente preponderanti sulle motivazioni di pensiero che li determinano. Esse rimangono sullo sfondo evocate in modo fumoso e, direi, letterario.
Com'è possibile che una artista sia arrivata ai massimi livelli del sistema museale italiano con una preparazione teorica da studentessa dell'Accademia?
Di cosa han parlato con la Pivi i vari critici che si sono occupati del suo lavoro come Bonami Gioni e compagnia?

Modeele beele by Beecroft?
Nieet. Cineesi by Piivi

Dove vanno a pescare i ready-made gli allievi di Garutti?
All’ufficio concetti smarriti

Le teorie di Paola Pivi sono un po’ acerbe e immature?
P.P. Calzelunghe

Dove tengono i ready-made pronti all’uso gli allievi di Garutti?
Nelle buste dei “4 Ready Made In Padella” Findus

Che suono emette 1 allievo di Garutti quando fa l’ennesimo ready-made?
Coccodè  (continua...)